Una sensazione non del tutto chiara e circoscritta prende la persona quando entra nell'immensa area del campus universitario: da un lato ci sono questi grandi edifici di colore sabbia-ocra, dall'altra l'occhio viene attrato dal fascino del deserto, che si estende oltre la strada di confine.
Sono al Cairo, più precisamente alla German University of Cairo per rispondere alla chiamata di diventare Professore in Product Design. Un ruolo nuovo, ma non solo, anche un mondo del tutto nuovo. Cultura, lingua, clima...
Le prospettive sono grandi: in questa regione che si estende per intenderci dall'Iraq al Marocco, ha una lunghissima storia del design, ma nessuno lo sa, probabilmente neanche loro. E qui, forse, con un po' di fortuna, molta pazienza e fatica potrebbe nascere un centro che non solo fa design, ma che lo promuove come motore per un nuovo sentimento sociale, economico e culturale. Sul'l'onda della primavera araba, se si vuole.
L'oriente è affascinante. Ma è anche un contraddizione continua, una incomprensione che nasce dalle talvolta confuse idee della stessa gente. Ma non è l'organizzazione e il "metodo" a vincere, ma la chiarezza del messaggio con la sua semplicità. Studenti che entrano per la prima volta in contatto con il Design, intendono con esso un mondo di arte, pittura, creatività. Invece il compito che li attende è far parte di un futuro diverso.
Vedremo.
13/02/12
25/08/11
il Codice QR come gioco
Un modo giocoso per informare è una dei principi base per la pubblicità, soprattutto quella di valenza “sociale”.
In questo contesto, per una campagna sui rischi di fare sesso senza protezione con persone sconosciute, questa “cartolina” di Shelly’s Postcard usa il Codice QR per creare un momento di suspense: cosa appare se unisco le due parti del QR. Niente, oviamente. Come sempre bisogna poi fotografarlo per scoprire il filmato informativo.
Ma la cosa simpatica è che il design grafico ripropone quasi lo stesso movente: incontrare per scoprire .
Leggi di più sul codice QR: http://www.virtualtouchdesign.com/index.php?option=com_content&view=category&layout=blog&id=38&Itemid=57
19/08/11
Talk To Me – Mostra al MOMA
Il tema dell’interazione, soprattutto in design, non è una novità. Si tratta di una delle tematiche di base per il design funzionale, nel quale l’utente gioca un ruolo centrale tanto da determinare e guidare la maggior parte del processo progettuale fino alla forma finale dell’oggetto. Ci sono certamente prodotti che convincono anche dal punto di vista estetico, ma quasi, nella primaria richiesta di risolvere le problematiche dell’interazione, questo aspetto scivola in secondo piano. Invece, la questione dell’interazione diventa molto più “frizzante” quando questo tema è alla base di una mostra la MOMA, dove il design ha una forte connotazione con l’arte, e quindi il tema dell’estetica regna sovrano. Cosa ci si può aspettare altro che un totale coinvolgimento dei sensi del visitatore, che al posto di trovare i soliti cartelli “don’t touch” viene invitato ad interagire.
Fino al 07.11.2011 vengono proposte più di 200 oggetti, oggetti di arredamento escluso, che raccontano in maniera più o meno provocatorio questa interazione. Per dimostrare quanto sia seria la questione, i curatori partono persino da oggetti più che quotidiani, tutt’altro che oggetti di alto-design come il terminale per biglietti della metropolitana di New York, della Cubic Transportation Systems, che dal 1999 ha reso molto più semplice l’acquisto del biglietto per ogni tipo di utente. E’ l’interazione in sé per sé che crea la forma dell’oggetto.
30/07/11
Quando l’auto elettrico non è solo ecologico …
Una via “abbreviata” per un migliore impatto ambientale diretto, per le auto è senz’altro l’uso di motori elettrici. Altri fonti di energia, come l'idrogeno o il biodiesel, o sono meno efficienti oppure troppo avanguardistici e quindi il loro contributo concreto è ancora scritto nelle stelle.
Quindi, l’auto elettrico, da quelle utilitarie di servizio fino ai city car ha visto negli ultimi anni sicuramente un importante incremento. Persino, nelle zone colpite dallo tsunami in Giappone, hanno potuto usufruire della caratteristica principale in modo del tutto inaspettato: essendo “ricaricate” viaggiano senza benzina e hanno una autonomia di qualche centinaio di kilometro. In una zona del tutto privo di benzinai, questa caratteristica è diventata vitale per i soccorsi in quelle zone colpite, tanto che lo stato giapponese ha deciso di sovvenzionare ulteriormente le ricerche su questo campo. Ma la controversia ovviamente non si fa attendere, proprio a Fukushima: le batterie devono essere caricato con elettricità che proviene, come sappiamo, per una buona percentuale dagli impianti nucleari che hanno messo in ginocchio la stessa regione. Un bel nodo da sciogliere.
Vedi anche:
Vedi anche un articolo sul NYTimes sul "Second Life of Car Batteries", sulla difficile collocazione delle batteria una volta obsolete:
Un'altra visione di queste auto che sembrano non inquinare, rappresenta la e-tron di Audi. Quello che colpisce senz’altro è proprio il fatto che sembra tutt’altro che un auto lenta, elettrica con poca autonomia …
La tecnologia da solo non può farcela. Per convincere un pubblico più ampio, la tecnologia deve essere supportato da un’immagine di affidabilità per primis, poi di bellezza. Il design può sollevare un’accezione di prodotto per farlo diventare un'altra: la storia di Audi già racconta cosa succede se ci si mette a utilizzare l’attrazione integrale (“quattro”) e poi, quanto interessante e performante diventa un motore diesel, che lascia il mondo dei camion e trattori per invadere il campo delle automobili di lusso, e vedendo gli ultimi successi a LeMans, di auto da corsa.
E’ l’ora del elettrico, e mentre altri installano i loro motorini in carrozzerie di serie, un esercizio di stile come e-tron mette in una luce concreta quello che al momento si vede solo nei render animati di qualche concept car. ... e assomiglia proprio tanto a quella di Io, Robot: il futuro tenuto per lo sterzo.
Vedi anche:
19/07/11
Diario Egiziano
Il tipo di grande statura e una certa circonferenza, corredato con un cappello arabo rosso con codino nero penzolante, aggiungeva sorridendo: “I am your Master, don’t worry”, e con un forte fischio nel suo strumentino appeso al collo chiamava il taxi.
“From where are you?” In un inglese sorprendentemente comprensibile, il tipo cercava di accorciare il tempo di attesa. “Germany…”
“Aah, Guten Morgen!” Queste parole invece erano meno comprensibile, ma riuscivo alla fine individuare che voleva fare bella figura. “I know some little German, like Guten Abend, Gute Nacht und Auf Wiedersehen. That’s all…” Un nuovo sorriso a bocca larga. Nel frattempo era arrivato uno di quei taxi bianchi, vecchi, con una pelliccia sul cruscotto.
“This is Ali, a professional taxi driver.” e rivolto all’conducente di questa macchina da fortuna, “Listen, this is our friend from Germany, he would like to go to Khan El Khalili….”, poi si interruppe. “Or would like to see the Light Show at the Pyramids, have you seen them?” Certo di no, ero atterrato la sera prima, e durante il giorno ero stato impegnato fino a tardi. I due iniziarono subito a programmarmi la serata: “We can first go to Gizah, and then to the Bazars, if you want…. Also in Gizah there is a Bazar, a little bit smaller, but same prices….” Per farla breve, prima ancora di capire bene come si era girata la questione, mi trovavo imbottigliato in un traffico surreale. Auto e mezzi di ogni genere dappertutto, che passano ad una distanza inferiore di dieci centimetri, e lasciare fuori il gomito dal finestrino aperto rischierebbe qualche profondo graffio. Ma non c’è problema, con area condizionata a tutto busto, la macchina presto diventava un frigo anche senza la brezza del vento.
Sembra una corsa contro il tempo immaginario, per raggiungere opere millenari, opere che sono stati già al loro posto quando l’Impero Romano dovette ancora nascere. Il taxista trionfa con la sua voce tonante sulle manovre improvvise, gente che attraverso la strada, altri che mettono retromarcia per uscire dalla deviazione. Finche non raggiungiamo un punto, in cui all’improvviso l’auto fa inversione e entra in uno stradino piccolo piccolo. Le case sono all’improvviso basse, ad un piano solo, il marciapiede è tutt’uno con la strada che è in parte asfaltata, in parte coperto di sabbia e fango. Lentamente si procede, con gente che cammina in mezzo e che lo specchietto rischia ogni volta di urtare. “This is the cimitery, where the people even live”.
Una povertà indescrivibile, case che sono fatte di qualche muro storto, qualche panello di copertura e quattro lampadine: la veranda in cui giocano i bambini. “I want to show you this, its not for me..” Il taxista evidentemente era entrato nel ruolo del tour operator. “But now we can get out…” e gira il veicolo verso una delle grandi collegamenti, proprio prima del grande ponte sul Nilo.
Mi lascia perplessa questa città, e così incomprensibile. Più volte, guardando fuori dalle finestre dell'auto ho pensato di vedere un film al cinema. Forse proprio Indiana Jones, o qualche film noir fantascientifico come Mad Max. Non ci sono mezzi pubblici, e quelli che ci sono non sono riconoscibili (c'è anche qualche linea di Metropolitana). Ma soprattutto, è così sporco, chiasoso. Le auto sono di tutti colori: nuovi, anche Mercedes, e poi, cartocce di 40 anni fa, completamente distrutti e fumanti, molti che vanno con il carro tirato dall'asino... le case sono nere, molti non sono finiti, ma ci abitano...Il centro non c'è, e un continuo aggiungere di quartieri, che al posto di curare il vecchio fanno nuovo per invecchiare ed essere rifatti ancora più lontano sempre di più nel deserto. Questo scenario era già iniziato quando sono atterrato: non ho mai visto su nessun aeroporto sparsi qua e la vecchi aerei dismessi, mezzi smontati. Erano almeno 4 ... solo nel piccolo aeroporto a Donetsk nel Ovest dell'Ucraina mi ricordo di un vecchio modello russo di aereo parcheggiato e abbandonato in queste condizioni, ma sempre sulla pista e non nella sabbia fuori pista ....
Cairo è una città davvero strana. Non sembra avere forma, e solo estensione di abitazioni di ogni genere, alternando il paesaggio urbano formati da grattacieli con case basse di un piano. E in mezzo, tante piccole moschee. Come fa notare l’autista, in quella zona intorno all’antica Cittadella, ci sono più di 1200 moschee. Si divide in “quartieri”, intere città aggiunte nel tempo al nucleo antico, e che costituiscono oggi uno dei conglomerati urbani più grandi al mondo. Grande trincee autostradali ad un numero di corsie indefinite tagliano questo paesaggio, che nonostante le abitazioni non perde il suo carattere desertico.
Improvvisamente cala la luce. Ci è stato solo per poco tempo il tramonto, che aveva immerso tutto in una luce arancione, e in questo modo appaiano come da uno scenario di Blade Runner enormi pannelli pubblicitari retro illuminati, che in questa luce sembrano fluttuare sospeso in area. “Come to Egypt”. Strana pubblicità, a pensarci, ci sono già … quindi a chi è rivolta? Ai migliaia di persone che lentamente di dirigono verso le loro case a Gizeh ed Alexandria, a 250 km?
Poi appaiano. Dietro questo interminabile mare di case, maestosi e proveniente da un altro mondo in tutti i sensi, si delineano le forme geometriche perfette delle due grandi piramidi di Cheope e Chefren. L’ultima, più piccola, rimane nascosto da questo punto elevato dell’”autostrad”, come viene chiamato qui. L’idea che potessero essere oggetti extraterrestri, alieni, muti osservatori di un mondo in declino improvvisamente sembra avere un senso. Troppo diverso e perfetto, troppo grandi per essere opera umana. E troppo lontano da questo caos.
14/06/11
La strada c’è l’ha indicato Michael Ende
Nei due romanzi chiave dell'opera di Michael Ende, che pubblica già negli anni settanta, l’autore esamina in chiave di lettura leggera tematiche che stanno stravolgendo ogni giorno di più la società.
Il tema centrale di MOMO del 1973 è quello del tempo e del modo in cui esso viene impiegato nella società occidentale moderna. Attraverso un simbolismo fantastico e immaginario, esso porta una feroce critica al consumismo e alla frenesia del vivere moderno, che nel suo progresso tecnologico e produttivo perde completamente di vista l'obiettivo della felicità delle persone e della qualità della vita. Il tempo rubato dagli uomini grigi agli abitanti della città è un'evidente metafora dei piaceri che si ricavano dall'assaporare, nell'attimo, le piccole belle cose della vita: la piccola ragazzina, con la grande capacità di ascoltare gli abitanti di una cittadina e la sensibilità di riunire persone litigiose, deve affrontare l’arrivo degli uomini grigi che comprano e consumano il tempo altrui. Non a caso, la ragazza trova rifugio in un antico Colosseo, rappresentando il tempo passato.
L’altra grande opera di Ende, La Storia Infinita del 1979 invece parla della perdita della fantasia, soppiantato da un mondo grigio, il NULLA. Il potere creativo assoluto è la fantasia, matrice di tutte le storie possibili. La fantasia è una forma di salvezza da un mondo arido, divorato dalla società che pensa al successo economico e non guarda intorno alle bellezze della vita. Diventa una porta d'accesso quasi mistica a mondi ulteriori che vivono in simbiosi con la realtà, la fantasia come un mondo parallelo positivo, necessario in fin dei conti per la stessa vita biologica.
Entrambi narrano di una battaglia isolata, un protagonista che intraprende un viaggio per salvare il mondo intero. Questo fa si che ogni lettore possa ritrovarsi nel attore principale, cosa che nella Storia Infinita viene portato all’apice della capacità narrativa: lo stesso protagonista che legge il libro nel libro diventa anche protagonista della narrazione di Fantasia. Come guardare il mondo in due specchi che si fronteggiano.
A più di trent’anni, il messaggio che danno questi romanzi non ha perso nulla della sua attualità, persino si potrebbe anche proseguire nel pensiero di Ende e constatare che il mondo sta diventando sempre più grigio. Il giovane, isolati davanti ai computer o la televisione, con il video gioco o l’immenso mondo virtuale di Internet potrebbe anche assomigliare a Bastian, che si ritira nella soffitta per leggere il libro sottratto dal Libraio. La differenza sta però nel fatto che la virtualità della fantasia, quindi ciò che la mente costruisce attraverso le parole lette, non è la stessa virtualità che il monitor costruisce e trasmette momento per momento. Non c’è l’azione “creativa”, conclusivo, reattiva da parte del protagonista a fronte di un input letterario, ma la reazione passiva ad una circostanza monitorata da un’altra parte. In un certo senso, gli uomini grigi si sono fatti più furbi: al posto di andare da porta a porta per convincere di vendere il tempo prezioso, usano la rete per sottrarre alla mente il tempo per sognare.
La fantasia è il mondo virtuale più antico del uomo. L’ha accompagnato durante tutta la sua evoluzione, rafforzato dalla sua immensa curiosità di voler capire la natura e le sue regole. E’ importante, che ognuno mantenga questa capacità di fantasia creativa, un mondo parallelo alla vita reale. Poi, a chi non piacerebbe viaggiare tra le nuvole sulle spalle di un drago che porta fortuna?
PS: per certi versi, questi immagini di un mondo che riprende colore, che si rianima e caccia via uomini grigi e il nulla, mi sono venuti in mente pensando al risultato del referendum ...
03/06/11
La reale realtà virtuale o La realtà virtuale reale: il denaro
Una riflessione sulla storia del denaro porta infine a costatare che il bene fisico, di cui abbiamo bisogno (a partire dallo stesso cibo nel momento in cui non disponiamo più di terra sufficiente intorno alla nostra abitazione per produrlo), viene acquistato da un altro bene, quale il denaro.
La sua fisicità però è tutt’altro che reale nonostante che possiamo toccarlo, in quanto quello che è nato originalmente come uno scambio di merci e poi si è trasformato in uno scambio merce con un pezzo di metallo pregiato, via via è diventato insostenibile per la sempre crescente quantità di denaro in circolazione. Originalmente, le monete rappresentava sulle loro facce esattamente il valore materico che avevano. Ma con un commercio sempre più intenso anche a grande distanze, trasferire il valore del denaro monetario su carta aveva più di un vantaggio: il peso ridottissimo in confronto a grande quantità di monete e quindi anche una maggiore capacità di passare inosservato lungo le strade di viaggio.
Quindi, la ingegnosa invenzione fiorentina della lettera di credito e il cambiale ha trasferito lo scambio reale di oggetti fisici nel mondo della fiducia. E la fiducia, se vogliamo, è tutta virtuale dato che si basa su parole, intenzioni senza una corrispondenza materiale. Ma a fronte di questa “virtualizzazione” del denaro la gente non si fidava troppo e chiedeva la possibilità di poter scambiare ad ogni momento la carta in monete vere. Di fronte ad una quantità di denaro in carta era pertanto depositato la stessa quantità di denaro in monete.
La banconota è figlio di questa trasformazione del scambio di merce, e come su può notare sulle vecchie banconote (pre-Euro), le firme poste sulla stessa banconota fanno riferimento alla digitura “pagabile al vista del portatore”. Si impegna di pagare di fronte ad una banconota di mille lire cosa? Un’altra mille lire? La garanzia che le banche rinascimentali davano “di pagare a fronte di un pezzo di carta” la moneta, si è tramandato fino ai giorni nostri.
Oggi abbiamo perso completamente il senso della virtualità che circonda il denaro. E’ il processo si è ulteriormente spinto nella direzione che pure a fronte dei pezzi di carta, sui quali è stampato 50 euro o 500 Euro, senza alcuna differenza di valore materico per le stesse banconote, non ci sono più depositi bancarie e statali che garantiscono uno scambio diretto con qualcosa di “fisico”. Ragione sufficiente per capire le repentine crisi finanziari: a fronte di un equilibrio così fragile di un economia virtuale, che si basa sui “numeri”, non esistono oggetti di valore equivalente.
Entrando nel supermercato, si carica il carrello con tutti i bene necessari per la vita biologica. Pertanto non possono essere “virtuali”, non posso ingoiare un sogno. Ma lo scambio è con qualcosa che la cassiera non può mordere e mangiare. Da questa disparità si è passato ad un ulteriore snaturamento dello scambio: il pagamento senza contanti. Quindi a fronte di un pezzo di plastica con microchip , che registra una transazione di una cifra virtuale da un conto corrente ad un altro conto corrente, il cliente è autorizzato a portare via un carrello di merce. Un furto autorizzato, insomma.
Ma a pensarci, la vita quotidiana è pieno di cambi di proprietà senza un riscontro fisico: “comprando un immobile, la banca da i soldi.” Ma dove? Sulla fiducia, si tratta di un giro di una somma di denaro da una cassaforte virtuale (conto corrente intestato a persona 1) ad un'altra cassaforte virtuale (conto corrente intestato a persona 2). Ma mentre in Harry Potter il tesoro dei dobloni d’oro dei genitori del protagonista era davvero depositato in una cassaforte, oggi si è inutilmente alla ricerca della cassaforte con 27cifre del IBAN. Virtuale per virtuale, i modi di “pagamento virtuale” della merce che si compra è molteplice: dal pagamento con carta al NFC (Near Field Comunication) del cellulare al RFID con un tag.
Il denaro rappresenta forse uno dei mondi virtuali più “antichi”, più intrinseci della nostra vita quotidiana, tanto da essere diventato realtà. Un mondo parallelo alla realtà fisica, alimentato dal nostro immaginario (“sono ricco perché ho molti pezzi di carta in tasca”): nato per facilitare le nostre attività ha del tutto distorto la nostra idea di reale tanto da diventare essa stessa realtà.
Si tratta di un processo in pieno atto: allontanandosi sempre di più da un oggetto fisicamente presente, toccabile, l’interazione rischia di andare fuori controllo da parte dell’utente. Il passaggio che hanno vissuti i commerciali rinascimentali con la sostituzione delle monete con carta stampata, è avvenuto con la carta stampata e il pagamento virtuale. Ma il controllo richiesto all’epoca, cioè la presenza del valore corrispettivo in denaro “vero” oggi semplicemente non è più possibile: non c’è ne abbastanza, e se ci fosse, lo tsunami economico spazzerebbe via tutto.
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