Il tipo di grande statura e una certa circonferenza, corredato con un cappello arabo rosso con codino nero penzolante, aggiungeva sorridendo: “I am your Master, don’t worry”, e con un forte fischio nel suo strumentino appeso al collo chiamava il taxi. “From where are you?” In un inglese sorprendentemente comprensibile, il tipo cercava di accorciare il tempo di attesa. “Germany…”
“Aah, Guten Morgen!” Queste parole invece erano meno comprensibile, ma riuscivo alla fine individuare che voleva fare bella figura. “I know some little German, like Guten Abend, Gute Nacht und Auf Wiedersehen. That’s all…” Un nuovo sorriso a bocca larga. Nel frattempo era arrivato uno di quei taxi bianchi, vecchi, con una pelliccia sul cruscotto.
“This is Ali, a professional taxi driver.” e rivolto all’conducente di questa macchina da fortuna, “Listen, this is our friend from Germany, he would like to go to Khan El Khalili….”, poi si interruppe. “Or would like to see the Light Show at the Pyramids, have you seen them?” Certo di no, ero atterrato la sera prima, e durante il giorno ero stato impegnato fino a tardi. I due iniziarono subito a programmarmi la serata: “We can first go to Gizah, and then to the Bazars, if you want…. Also in Gizah there is a Bazar, a little bit smaller, but same prices….” Per farla breve, prima ancora di capire bene come si era girata la questione, mi trovavo imbottigliato in un traffico surreale. Auto e mezzi di ogni genere dappertutto, che passano ad una distanza inferiore di dieci centimetri, e lasciare fuori il gomito dal finestrino aperto rischierebbe qualche profondo graffio. Ma non c’è problema, con area condizionata a tutto busto, la macchina presto diventava un frigo anche senza la brezza del vento.
Sembra una corsa contro il tempo immaginario, per raggiungere opere millenari, opere che sono stati già al loro posto quando l’Impero Romano dovette ancora nascere. Il taxista trionfa con la sua voce tonante sulle manovre improvvise, gente che attraverso la strada, altri che mettono retromarcia per uscire dalla deviazione. Finche non raggiungiamo un punto, in cui all’improvviso l’auto fa inversione e entra in uno stradino piccolo piccolo. Le case sono all’improvviso basse, ad un piano solo, il marciapiede è tutt’uno con la strada che è in parte asfaltata, in parte coperto di sabbia e fango. Lentamente si procede, con gente che cammina in mezzo e che lo specchietto rischia ogni volta di urtare. “This is the cimitery, where the people even live”.
Una povertà indescrivibile, case che sono fatte di qualche muro storto, qualche panello di copertura e quattro lampadine: la veranda in cui giocano i bambini. “I want to show you this, its not for me..” Il taxista evidentemente era entrato nel ruolo del tour operator. “But now we can get out…” e gira il veicolo verso una delle grandi collegamenti, proprio prima del grande ponte sul Nilo.
Mi lascia perplessa questa città, e così incomprensibile. Più volte, guardando fuori dalle finestre dell'auto ho pensato di vedere un film al cinema. Forse proprio Indiana Jones, o qualche film noir fantascientifico come Mad Max. Non ci sono mezzi pubblici, e quelli che ci sono non sono riconoscibili (c'è anche qualche linea di Metropolitana). Ma soprattutto, è così sporco, chiasoso. Le auto sono di tutti colori: nuovi, anche Mercedes, e poi, cartocce di 40 anni fa, completamente distrutti e fumanti, molti che vanno con il carro tirato dall'asino... le case sono nere, molti non sono finiti, ma ci abitano...Il centro non c'è, e un continuo aggiungere di quartieri, che al posto di curare il vecchio fanno nuovo per invecchiare ed essere rifatti ancora più lontano sempre di più nel deserto. Questo scenario era già iniziato quando sono atterrato: non ho mai visto su nessun aeroporto sparsi qua e la vecchi aerei dismessi, mezzi smontati. Erano almeno 4 ... solo nel piccolo aeroporto a Donetsk nel Ovest dell'Ucraina mi ricordo di un vecchio modello russo di aereo parcheggiato e abbandonato in queste condizioni, ma sempre sulla pista e non nella sabbia fuori pista ....
Cairo è una città davvero strana. Non sembra avere forma, e solo estensione di abitazioni di ogni genere, alternando il paesaggio urbano formati da grattacieli con case basse di un piano. E in mezzo, tante piccole moschee. Come fa notare l’autista, in quella zona intorno all’antica Cittadella, ci sono più di 1200 moschee. Si divide in “quartieri”, intere città aggiunte nel tempo al nucleo antico, e che costituiscono oggi uno dei conglomerati urbani più grandi al mondo. Grande trincee autostradali ad un numero di corsie indefinite tagliano questo paesaggio, che nonostante le abitazioni non perde il suo carattere desertico.
Improvvisamente cala la luce. Ci è stato solo per poco tempo il tramonto, che aveva immerso tutto in una luce arancione, e in questo modo appaiano come da uno scenario di Blade Runner enormi pannelli pubblicitari retro illuminati, che in questa luce sembrano fluttuare sospeso in area. “Come to Egypt”. Strana pubblicità, a pensarci, ci sono già … quindi a chi è rivolta? Ai migliaia di persone che lentamente di dirigono verso le loro case a Gizeh ed Alexandria, a 250 km?
Poi appaiano. Dietro questo interminabile mare di case, maestosi e proveniente da un altro mondo in tutti i sensi, si delineano le forme geometriche perfette delle due grandi piramidi di Cheope e Chefren. L’ultima, più piccola, rimane nascosto da questo punto elevato dell’”autostrad”, come viene chiamato qui. L’idea che potessero essere oggetti extraterrestri, alieni, muti osservatori di un mondo in declino improvvisamente sembra avere un senso. Troppo diverso e perfetto, troppo grandi per essere opera umana. E troppo lontano da questo caos.