25/08/11

il Codice QR come gioco


Un modo giocoso per informare è una dei principi base per la pubblicità, soprattutto quella di valenza “sociale”.
In questo contesto, per una campagna sui rischi di fare sesso senza protezione con persone sconosciute, questa “cartolina” di Shelly’s Postcard usa il Codice QR per creare un momento di suspense: cosa appare se unisco le due parti del QR. Niente, oviamente. Come sempre bisogna poi fotografarlo per scoprire il filmato informativo.
Ma la cosa simpatica è che il design grafico ripropone quasi lo stesso movente: incontrare per scoprire .
Leggi di più sul codice QR: http://www.virtualtouchdesign.com/index.php?option=com_content&view=category&layout=blog&id=38&Itemid=57

19/08/11

Talk To Me – Mostra al MOMA


Il tema dell’interazione, soprattutto in design, non è una novità. Si tratta di una delle tematiche di base per il design funzionale, nel quale l’utente gioca un ruolo centrale tanto da determinare e guidare la maggior parte del processo progettuale fino alla forma finale dell’oggetto. Ci sono certamente prodotti che convincono anche dal punto di vista estetico, ma quasi, nella primaria richiesta di risolvere le problematiche dell’interazione, questo aspetto scivola in secondo piano. Invece, la questione dell’interazione diventa molto più “frizzante” quando questo tema è alla base di una mostra la MOMA, dove il design ha una forte connotazione con l’arte, e quindi il tema dell’estetica regna sovrano. Cosa ci si può aspettare altro che un totale coinvolgimento dei sensi del visitatore, che al posto di trovare i soliti cartelli “don’t touch” viene invitato ad interagire.
Fino al 07.11.2011 vengono proposte più di 200 oggetti, oggetti di arredamento escluso, che raccontano in maniera più o meno provocatorio questa interazione. Per dimostrare quanto sia seria la questione, i curatori partono persino da oggetti più che quotidiani, tutt’altro che oggetti di alto-design come il terminale per biglietti della metropolitana di New York, della Cubic Transportation Systems, che dal 1999 ha reso molto più semplice l’acquisto del biglietto per ogni tipo di utente. E’ l’interazione in sé per sé che crea la forma dell’oggetto.

30/07/11

Quando l’auto elettrico non è solo ecologico …

Una via “abbreviata” per un migliore impatto ambientale diretto, per le auto è senz’altro l’uso di motori elettrici. Altri fonti di energia, come l'idrogeno o il biodiesel, o sono meno efficienti oppure troppo avanguardistici e quindi il loro contributo concreto è ancora scritto nelle stelle.
Quindi, l’auto elettrico, da quelle utilitarie di servizio fino ai city car ha visto negli ultimi anni sicuramente un importante incremento. Persino, nelle zone colpite dallo tsunami in Giappone, hanno potuto usufruire della caratteristica principale in modo del tutto inaspettato: essendo “ricaricate” viaggiano senza benzina e hanno una autonomia di qualche centinaio di kilometro. In una zona del tutto privo di benzinai, questa caratteristica è diventata vitale per i soccorsi in quelle zone colpite, tanto che lo stato giapponese ha deciso di sovvenzionare ulteriormente le ricerche su questo campo. Ma la controversia ovviamente non si fa attendere, proprio a Fukushima: le batterie devono essere caricato con elettricità che proviene, come sappiamo, per una buona percentuale dagli impianti nucleari che hanno messo in ginocchio la stessa regione. Un bel nodo da sciogliere.
Vedi anche:
Vedi anche un articolo sul NYTimes sul "Second Life of Car Batteries", sulla difficile collocazione delle batteria una volta obsolete:

Un'altra visione di queste auto che sembrano non inquinare, rappresenta la e-tron di Audi. Quello che colpisce senz’altro è proprio il fatto che sembra tutt’altro che un auto lenta, elettrica con poca autonomia …
La tecnologia da solo non può farcela. Per convincere un pubblico più ampio, la tecnologia deve essere supportato da un’immagine di affidabilità per primis, poi di bellezza. Il design può sollevare un’accezione di prodotto per farlo diventare un'altra: la storia di Audi già racconta cosa succede se ci si mette a utilizzare l’attrazione integrale (“quattro”) e poi, quanto interessante e performante diventa un motore diesel, che lascia il mondo dei camion e trattori per invadere il campo delle automobili di lusso, e vedendo gli ultimi successi a LeMans, di auto da corsa.
E’ l’ora del elettrico, e mentre altri installano i loro motorini in carrozzerie di serie, un esercizio di stile come e-tron mette in una luce concreta quello che al momento si vede solo nei render animati di qualche concept car. ... e assomiglia proprio tanto a quella di Io, Robot: il futuro tenuto per lo sterzo.
Vedi anche:

19/07/11

Diario Egiziano


Il tipo di grande statura e una certa circonferenza, corredato con un cappello arabo rosso con codino nero penzolante, aggiungeva sorridendo: “I am your Master, don’t worry”, e con un forte fischio nel suo strumentino appeso al collo chiamava il taxi.
“From where are you?” In un inglese sorprendentemente comprensibile, il tipo cercava di accorciare il tempo di attesa. “Germany…”
“Aah, Guten Morgen!” Queste parole invece erano meno comprensibile, ma riuscivo alla fine individuare che voleva fare bella figura. “I know some little German, like Guten Abend, Gute Nacht und Auf Wiedersehen. That’s all…” Un nuovo sorriso a bocca larga. Nel frattempo era arrivato uno di quei taxi bianchi, vecchi, con una pelliccia sul cruscotto.
“This is Ali, a professional taxi driver.” e rivolto all’conducente di questa macchina da fortuna, “Listen, this is our friend from Germany, he would like to go to Khan El Khalili….”, poi si interruppe. “Or would like to see the Light Show at the Pyramids, have you seen them?” Certo di no, ero atterrato la sera prima, e durante il giorno ero stato impegnato fino a tardi. I due iniziarono subito a programmarmi la serata: “We can first go to Gizah, and then to the Bazars, if you want…. Also in Gizah there is a Bazar, a little bit smaller, but same prices….” Per farla breve, prima ancora di capire bene come si era girata la questione, mi trovavo imbottigliato in un traffico surreale. Auto e mezzi di ogni genere dappertutto, che passano ad una distanza inferiore di dieci centimetri, e lasciare fuori il gomito dal finestrino aperto rischierebbe qualche profondo graffio. Ma non c’è problema, con area condizionata a tutto busto, la macchina presto diventava un frigo anche senza la brezza del vento.
Sembra una corsa contro il tempo immaginario, per raggiungere opere millenari, opere che sono stati già al loro posto quando l’Impero Romano dovette ancora nascere. Il taxista trionfa con la sua voce tonante sulle manovre improvvise, gente che attraverso la strada, altri che mettono retromarcia per uscire dalla deviazione. Finche non raggiungiamo un punto, in cui all’improvviso l’auto fa inversione e entra in uno stradino piccolo piccolo. Le case sono all’improvviso basse, ad un piano solo, il marciapiede è tutt’uno con la strada che è in parte asfaltata, in parte coperto di sabbia e fango. Lentamente si procede, con gente che cammina in mezzo e che lo specchietto rischia ogni volta di urtare. “This is the cimitery, where the people even live”.
Una povertà indescrivibile, case che sono fatte di qualche muro storto, qualche panello di copertura e quattro lampadine: la veranda in cui giocano i bambini. “I want to show you this, its not for me..” Il taxista evidentemente era entrato nel ruolo del tour operator. “But now we can get out…” e gira il veicolo verso una delle grandi collegamenti, proprio prima del grande ponte sul Nilo.
Mi lascia perplessa questa città, e così incomprensibile. Più volte, guardando fuori dalle finestre dell'auto ho pensato di vedere un film al cinema. Forse proprio Indiana Jones, o qualche film noir fantascientifico come Mad Max. Non ci sono mezzi pubblici, e quelli che ci sono non sono riconoscibili (c'è anche qualche linea di Metropolitana). Ma soprattutto, è così sporco, chiasoso. Le auto sono di tutti colori: nuovi, anche Mercedes, e poi, cartocce di 40 anni fa, completamente distrutti e fumanti, molti che vanno con il carro tirato dall'asino... le case sono nere, molti non sono finiti, ma ci abitano...Il centro non c'è, e un continuo aggiungere di quartieri, che al posto di curare il vecchio fanno nuovo per invecchiare ed essere rifatti ancora più lontano sempre di più nel deserto. Questo scenario era già iniziato quando sono atterrato: non ho mai visto su nessun aeroporto sparsi qua e la vecchi aerei dismessi, mezzi smontati. Erano almeno 4 ... solo nel piccolo aeroporto a Donetsk nel Ovest dell'Ucraina mi ricordo di un vecchio modello russo di aereo parcheggiato e abbandonato in queste condizioni, ma sempre sulla pista e non nella sabbia fuori pista ....
Cairo è una città davvero strana. Non sembra avere forma, e solo estensione di abitazioni di ogni genere, alternando il paesaggio urbano formati da grattacieli con case basse di un piano. E in mezzo, tante piccole moschee. Come fa notare l’autista, in quella zona intorno all’antica Cittadella, ci sono più di 1200 moschee. Si divide in “quartieri”, intere città aggiunte nel tempo al nucleo antico, e che costituiscono oggi uno dei conglomerati urbani più grandi al mondo. Grande trincee autostradali ad un numero di corsie indefinite tagliano questo paesaggio, che nonostante le abitazioni non perde il suo carattere desertico.
Improvvisamente cala la luce. Ci è stato solo per poco tempo il tramonto, che aveva immerso tutto in una luce arancione, e in questo modo appaiano come da uno scenario di Blade Runner enormi pannelli pubblicitari retro illuminati, che in questa luce sembrano fluttuare sospeso in area. “Come to Egypt”. Strana pubblicità, a pensarci, ci sono già … quindi a chi è rivolta? Ai migliaia di persone che lentamente di dirigono verso le loro case a Gizeh ed Alexandria, a 250 km?
Poi appaiano. Dietro questo interminabile mare di case, maestosi e proveniente da un altro mondo in tutti i sensi, si delineano le forme geometriche perfette delle due grandi piramidi di Cheope e Chefren. L’ultima, più piccola, rimane nascosto da questo punto elevato dell’”autostrad”, come viene chiamato qui. L’idea che potessero essere oggetti extraterrestri, alieni, muti osservatori di un mondo in declino improvvisamente sembra avere un senso. Troppo diverso e perfetto, troppo grandi per essere opera umana. E troppo lontano da questo caos.

14/06/11

La strada c’è l’ha indicato Michael Ende

Nei due romanzi chiave dell'opera di Michael Ende, che pubblica già negli anni settanta, l’autore esamina in chiave di lettura leggera tematiche che stanno stravolgendo ogni giorno di più la società.
Il tema centrale di MOMO del 1973 è quello del tempo e del modo in cui esso viene impiegato nella società occidentale moderna. Attraverso un simbolismo fantastico e immaginario, esso porta una feroce critica al consumismo e alla frenesia del vivere moderno, che nel suo progresso tecnologico e produttivo perde completamente di vista l'obiettivo della felicità delle persone e della qualità della vita. Il tempo rubato dagli uomini grigi agli abitanti della città è un'evidente metafora dei piaceri che si ricavano dall'assaporare, nell'attimo, le piccole belle cose della vita: la piccola ragazzina, con la grande capacità di ascoltare gli abitanti di una cittadina e la sensibilità di riunire persone litigiose, deve affrontare l’arrivo degli uomini grigi che comprano e consumano il tempo altrui. Non a caso, la ragazza trova rifugio in un antico Colosseo, rappresentando il tempo passato.
L’altra grande opera di Ende, La Storia Infinita del 1979 invece parla della perdita della fantasia, soppiantato da un mondo grigio, il NULLA. Il potere creativo assoluto è la fantasia, matrice di tutte le storie possibili. La fantasia è una forma di salvezza da un mondo arido, divorato dalla società che pensa al successo economico e non guarda intorno alle bellezze della vita. Diventa una porta d'accesso quasi mistica a mondi ulteriori che vivono in simbiosi con la realtà, la fantasia come un mondo parallelo positivo, necessario in fin dei conti per la stessa vita biologica.
Entrambi narrano di una battaglia isolata, un protagonista che intraprende un viaggio per salvare il mondo intero. Questo fa si che ogni lettore possa ritrovarsi nel attore principale, cosa che nella Storia Infinita viene portato all’apice della capacità narrativa: lo stesso protagonista che legge il libro nel libro diventa anche protagonista della narrazione di Fantasia. Come guardare il mondo in due specchi che si fronteggiano.
A più di trent’anni, il messaggio che danno questi romanzi non ha perso nulla della sua attualità, persino si potrebbe anche proseguire nel pensiero di Ende e constatare che il mondo sta diventando sempre più grigio. Il giovane, isolati davanti ai computer o la televisione, con il video gioco o l’immenso mondo virtuale di Internet potrebbe anche assomigliare a Bastian, che si ritira nella soffitta per leggere il libro sottratto dal Libraio. La differenza sta però nel fatto che la virtualità della fantasia, quindi ciò che la mente costruisce attraverso le parole lette, non è la stessa virtualità che il monitor costruisce e trasmette momento per momento. Non c’è l’azione “creativa”, conclusivo, reattiva da parte del protagonista a fronte di un input letterario, ma la reazione passiva ad una circostanza monitorata da un’altra parte. In un certo senso, gli uomini grigi si sono fatti più furbi: al posto di andare da porta a porta per convincere di vendere il tempo prezioso, usano la rete per sottrarre alla mente il tempo per sognare.
La fantasia è il mondo virtuale più antico del uomo. L’ha accompagnato durante tutta la sua evoluzione, rafforzato dalla sua immensa curiosità di voler capire la natura e le sue regole. E’ importante, che ognuno mantenga questa capacità di fantasia creativa, un mondo parallelo alla vita reale. Poi, a chi non piacerebbe viaggiare tra le nuvole sulle spalle di un drago che porta fortuna?

PS: per certi versi, questi immagini di un mondo che riprende colore, che si rianima e caccia via uomini grigi e il nulla, mi sono venuti in mente pensando al risultato del referendum ...

03/06/11

La reale realtà virtuale o La realtà virtuale reale: il denaro


Una riflessione sulla storia del denaro porta infine a costatare che il bene fisico, di cui abbiamo bisogno (a partire dallo stesso cibo nel momento in cui non disponiamo più di terra sufficiente intorno alla nostra abitazione per produrlo), viene acquistato da un altro bene, quale il denaro.
La sua fisicità però è tutt’altro che reale nonostante che possiamo toccarlo, in quanto quello che è nato originalmente come uno scambio di merci e poi si è trasformato in uno scambio merce con un pezzo di metallo pregiato, via via è diventato insostenibile per la sempre crescente quantità di denaro in circolazione. Originalmente, le monete rappresentava sulle loro facce esattamente il valore materico che avevano. Ma con un commercio sempre più intenso anche a grande distanze, trasferire il valore del denaro monetario su carta aveva più di un vantaggio: il peso ridottissimo in confronto a grande quantità di monete e quindi anche una maggiore capacità di passare inosservato lungo le strade di viaggio.
Quindi, la ingegnosa invenzione fiorentina della lettera di credito e il cambiale ha trasferito lo scambio reale di oggetti fisici nel mondo della fiducia. E la fiducia, se vogliamo, è tutta virtuale dato che si basa su parole, intenzioni senza una corrispondenza materiale. Ma a fronte di questa “virtualizzazione” del denaro la gente non si fidava troppo e chiedeva la possibilità di poter scambiare ad ogni momento la carta in monete vere. Di fronte ad una quantità di denaro in carta era pertanto depositato la stessa quantità di denaro in monete.

La banconota è figlio di questa trasformazione del scambio di merce, e come su può notare sulle vecchie banconote (pre-Euro), le firme poste sulla stessa banconota fanno riferimento alla digitura “pagabile al vista del portatore”. Si impegna di pagare di fronte ad una banconota di mille lire cosa? Un’altra mille lire? La garanzia che le banche rinascimentali davano “di pagare a fronte di un pezzo di carta” la moneta, si è tramandato fino ai giorni nostri.

Oggi abbiamo perso completamente il senso della virtualità che circonda il denaro. E’ il processo si è ulteriormente spinto nella direzione che pure a fronte dei pezzi di carta, sui quali è stampato 50 euro o 500 Euro, senza alcuna differenza di valore materico per le stesse banconote, non ci sono più depositi bancarie e statali che garantiscono uno scambio diretto con qualcosa di “fisico”. Ragione sufficiente per capire le repentine crisi finanziari: a fronte di un equilibrio così fragile di un economia virtuale, che si basa sui “numeri”, non esistono oggetti di valore equivalente.
Entrando nel supermercato, si carica il carrello con tutti i bene necessari per la vita biologica. Pertanto non possono essere “virtuali”, non posso ingoiare un sogno. Ma lo scambio è con qualcosa che la cassiera non può mordere e mangiare. Da questa disparità si è passato ad un ulteriore snaturamento dello scambio: il pagamento senza contanti. Quindi a fronte di un pezzo di plastica con microchip , che registra una transazione di una cifra virtuale da un conto corrente ad un altro conto corrente, il cliente è autorizzato a portare via un carrello di merce. Un furto autorizzato, insomma.
Ma a pensarci, la vita quotidiana è pieno di cambi di proprietà senza un riscontro fisico: “comprando un immobile, la banca da i soldi.” Ma dove? Sulla fiducia, si tratta di un giro di una somma di denaro da una cassaforte virtuale (conto corrente intestato a persona 1) ad un'altra cassaforte virtuale (conto corrente intestato a persona 2). Ma mentre in Harry Potter il tesoro dei dobloni d’oro dei genitori del protagonista era davvero depositato in una cassaforte, oggi si è inutilmente alla ricerca della cassaforte con 27cifre del IBAN. Virtuale per virtuale, i modi di “pagamento virtuale” della merce che si compra è molteplice: dal pagamento con carta al NFC (Near Field Comunication) del cellulare al RFID con un tag.
Il denaro rappresenta forse uno dei mondi virtuali più “antichi”, più intrinseci della nostra vita quotidiana, tanto da essere diventato realtà. Un mondo parallelo alla realtà fisica, alimentato dal nostro immaginario (“sono ricco perché ho molti pezzi di carta in tasca”): nato per facilitare le nostre attività ha del tutto distorto la nostra idea di reale tanto da diventare essa stessa realtà.
Si tratta di un processo in pieno atto: allontanandosi sempre di più da un oggetto fisicamente presente, toccabile, l’interazione rischia di andare fuori controllo da parte dell’utente. Il passaggio che hanno vissuti i commerciali rinascimentali con la sostituzione delle monete con carta stampata, è avvenuto con la carta stampata e il pagamento virtuale. Ma il controllo richiesto all’epoca, cioè la presenza del valore corrispettivo in denaro “vero” oggi semplicemente non è più possibile: non c’è ne abbastanza, e se ci fosse, lo tsunami economico spazzerebbe via tutto.

26/05/11

Accessibilità à là Singaporiana


Singapore stupisce non solamente per la sua pulizia e l’ordine, ma in modo particolare per la sua attenzione verso l’accessibilità di tutte le parti della città. A partire dai marciapiedi, che sono immancabilmente abbassati in corrispondenza di un passaggio pedonale o incrocio con semaforo, le indicazioni che vengono forniti per l’orientamento sono studiate e messa in opera in maniera, quasi, maniacale.
Intanto, una delle caratteristiche fondamentali di un percorso per la sedia rotella è senz’altro un percorso senza gradini, ma a questo si aggiunge anche una superficie complanare e privo di parti sconnessi, buchi o altro come coperchi della fognatura infossato o sporgente. Le segnalazioni sono vari, a più livello di percezione: a incroci piccoli, il semaforo segnala con una semplice intermittenza del verde il passaggio a rosso, per passaggi più lunghi, il rosso si trasforma in contatore di secondi a rovescio per dare un’idea per quanto tempo è ancora acceso il verde. Ogni semaforo è dotato di un pulsante per persone anziane che necessitano un maggiore periodo di verde in quanto più lenti nel attraversare la strada. Colpisce anche la impeccabile presenza della segnaletica orizzontale.


Le aree dei “bus stop” sono contrassegnate con piloni colorati per indicare anche a persona con difficoltà di vista il bordo di riferimento. Così anche le zone di attesa, sia per bus che per taxi sono corredati di una transenna che guida da una parte la coda, dall’altra da un semplice appoggio per l’attesa senza ingombrare magari un marciapiede ridotto.
L’accesso ai mezzi pubblici, quali la MRT e LRT, sono dotati di ascensore su qualsiasi livello. Le barriere per la convalida del biglietto è munito di una porta più larga per persone disabili, mentre suoi marciapiedi dei binari sono presenti le guide tattile per persone cieche, in misura adeguata e con linguaggio unico. Colpisce, che queste indicatori sono in acciaio applicato sul pavimento regolare della stazione. La maggior parte delle stazioni inoltre è dotato di porte scorrevoli davanti ai binari, che si aprono in corrispondenza di quelli del treno.



Sembra una città uscita da un manuale di progettazione accessibile, è la presenza di persone con passeggini o sedia a rotelle nei mezzi pubblici testimonia l’efficacia dei sistemi adottati. A questa applicazione territoriale dei sistemi di orientamento e accessibilità, si aggiunge anche una notevole cura dei dettagli non trascurabili: per esempio il passaggio dal marciapiede all’interno del treno è perfettamente complanare con un “gap” di 3, massimo 4 cm. Ogni ruota o piede tranquillamente ci passa senza intralcio. Eppure, una voce richiama inevitabilmente l’attenzione su “mind the gap”.
Persino gli sportelli automatici sono pensati (tutti) per la persona seduta, quindi accessibile: al posto di disporre gli elementi d'interfaccia in modo verticale, sono messi in orizzontale evitando fessure di inserimento denaro ad un altezza non raggiungibile.


L’interno della MRT inoltre riserva alcune intuizioni tecnologiche, semplici ma efficaci per l’orientamento. Il panello di percorso è illuminato in corrispondenza delle stazioni che vengono percorse: Le stazioni illuminati di verde si trovano sul percorso, la rossa “lampeggiante” è la successiva stazione, mentre le altre, con luce spente, o sono già passate o il treno termina il percorso prima. Intuitivo e semplice. Questo sistema sulla porta inoltre è accompagnato da una luce rossa o verde ad indicare la porta dalla quale si potrà scendere nella stazione successiva.

Bisogna dormire per perdere l’orientamento. Anche per chi non ha mai usato il MRT di Singapore, basta solo salire per capire dove si va: le indicazioni oltretutto vengono comunicato con l’altoparlante in 3 lingue.

In tutto questo, alla fine non si perde nemmeno un po' di ironia:


Va quasi l’effetto di una vittoria, un “beffarlo”, quando si trovano quelle rare situazioni, in cui il manuale sull’accessibilità evidentemente è fallito. Ma in questi casi ci si diventa generosi: “può capitare anche ai migliori”.

23/05/11

Ritorno al Futuro 2: L'Estremo Oriente

Kuala Lumpur: Petronas Towers

Nel lontano 2004, un meraviglioso viaggio mi aveva portato nelle terre “selvagge” della Malaysia: persino un giro nella giungla a trovare villaggi. Ma la incoronazione della visita all’epoca era Kuala Lumpur con i suoi palazzi, in modo particolare ovviamente i bellissimi Petronas Towers. Deve essere stato un Dio, che ha studiato l’illuminazione notturna di queste architetture.
Il treno ultramoderno e silenzioso con intrattenimento sul monitor mi aveva portato dal centro della città all’aeroporto, sempre un’autentica architettura del XX sec: acciaio - vetro. Direzione? Roma, ritorno in Italia.
All’epoca sono rimasto male atterrando in un cantiere, dove le indicazioni suoi panelli erano sbagliate e gli aerei avevano ritardo o erano cancellate. Era il momento in cui la mia visione dell’Occidente aveva ricevuto un colpo basso. Corridoi infiniti di deviazioni, tornate ad U e percorsi su pavimenti disconessi.


Changi Airport Singapore

Ma questo era il 2004. Sabato sono atterrato a Malpensa venendo da Singapore, sette anni più tardi nella capitale del denaro, nel cuore del business italiano. Singapore non è Kuala Lumpur. Ma è ben di più. Un mondo perfetto, in ordine, pulito, moderno, e, incredibilmente senza caos. L’ultimo sorriso della hostess singaporiana ancora davanti agli occhi, scendo dall’aereo della Singapore Airlines e inizia il percorso: tornate ad U, pavimenti disconessi, cantieri malapena delimitati. Le indicatori sui pavimenti, di gomma, staccati, tutta l’architettura comunica squallore e sporcizia.
Malpensa
Mi sono reso conto, con tutti i voli fatti per l’Europa e altrove, gli aeroporti italiani sono le più brutte che io abbia mai visto. L’arrivo nel Bel Paese si apre con una sinfonia di malgusto, che per chi crede nel alto valore del design italiano, non trova risposta.


Linea Gialla Metropolitana Milano

Arrivati a Bologna, l’ultima scena di un viaggio che si conclude: il treno previsto su binario 4 viene spostato (a 3 minuti dell’orario di arrivo) su binario 6. La folla inizia la corsa … arrivati sul 6, non c’è indicazione e inizio sospettare che qualcosa non va … a un minuto dell’orario, una voce (bello come il sole) annuncia, che il treno si ferma a binario 3 anziché 4. Ma infatti, cosa ci faceva tutta questa gente su binario 6. Booh?

Rimango dell’idea che il lontano Asia oggi sia ben di più che non solo un immenso agglomerato di aziende che produce a basso costo. C’è il futuro prossimo del pianeta, il pulsante cuore dell’innovazione e creatività. Perché? Perché non rimangono solo belle parole, ma con investimenti abbondanti nella istruzione, benessere e urbanistica il Centro-Asia costruisce il suo vantaggio intellettuale e culturale in confronto all’Europa. E l’Occidente potrà solamente guardare come i suoi tesori intellettuali e culturali passeranno di proprietà…
Ma la questione non si ferma qui. Mettiamo, che sono architetture invecchiate e soldi per una ristrutturazione non ci sono. (sarebbe per lo meno una coerenza con tutto il resto. Ma come biglietto da visita non funziona tanto bene, e neanche per un marketing del turismo… ) Come si potrebbe allora giustificare la nuovissima tratta della metropolitana milanese oltre Maciachini? L’ho percorso, e se non fosse stato attento non mi sarei accorto di essere in un tratto nuovo. Stesso orrido design giallastro con i neon dietro ai plexi opachi come in tutte le altre stazioni … ma Milano non è la capitale del design e della moda? Dove?

16/05/11

La macchina del tempo: il volo intercontinentale


Quando c’erano ancora in funzione le Concord, c’era la possibilità per chi ne avesse il giusto portafoglio, di festeggiare due volte Capodanno: prima a Parigi, poi all’una di corsa all’aeroporto e con la Concord verso il Big Apple. Arrivati a New York c’era sufficiente tempo e rifare Capodanno. Tra fusorario e velocità dell’aereo si erano guadagnati 2 ore sufficienti per passare due volte il Mezzanotte.
A pensare, si potrebbe chiamare proprio macchina del tempo. E non solo la Concord, per la verità.
Sono atterrato a Singapore alle ore 5 del mattino, quando in Italia, da dove ero partito, erano ancora le 11 di sera del giorno prima. Si potrebbe quindi dire che l’ora nell’aereo è un ora e mezza a terra: 12 ore seduti a guardare le ultime uscite cinematografiche contro 18 ore terrestre. Per di più, con film come Interception, che tratta il tema dei sogni e mondi virtuali paralleli, l’arrivo all’aeroporto di Changì era piuttosto “disorientante” (più che stanchevole).
Si può fare qualche ragionamento sulla rotazione della terra a questo punto: Per trovare la velocità lineare dobbiamo osservare che durante una rotazione di 360 gradi un punto all'equatore percorre l'intera circonferenza terrestre, che è lunga circa 40.000 Km. La velocità lineare di questo punto sarà allora 40.000 Km diviso 24 ore, cioè circa 1667 chilometri all'ora. Negli altri punti della Terra la velocità diminuisce all'aumentare della latitudine. Alle nostre latitudini, le velocità variano dai 1334 chilometri orari di Siracusa (latitudine 37 gradi nord) ai 1167 di Bolzano (46 gradi nord). In media potremmo allora dedurre che con una velocità di aereo di 1000 km/h e ca 1550 km di rotazione terrestre la velocità assoluta dell’aereo è solo di 550 km (10000 km / 550 km/h = 18 ore), mentre nell’altra direzione si sommano: 1000 + 1550 km = 2550 km all’ora, quindi ci vogliono solo sei ore “terrestri”.
Al livello teorico quindi, con un aereo sufficientemente veloce e girando nella direzione nella quale si sommano le velocità aereo/terra, una persona potrebbe di fatto avere una giornata oltre i 24 ore.

08/05/11

Contano le idee, non i mezzi

Un bellissimo augurio per la festa della mamma, ci dovrebbe far ricordare che sono le passioni e idee che portano avanti il mondo. A volte, fissato per trovare mezzi importanti, risultati incredibili, perdiamo di vista la possibilità di fare comunicazione con mezzi semplici, raggiungere obiettivi alla portata di mano. Molte volte le persone sono triste perchè non riaggungono i loro sogni, perdendo di vista che la vita di per sè è un "sogno"...


Auguri a tutte le mamme.

21/04/11

Happy Easter !!! o: dove sono nascoste le uova?


Nelle zone nordiche, in particolare nella Germania, è usanza di fare dei nidi e nasconderli con dentro le uova di Pasqua. Ma con i "Nativi Digitali", la nuova generazione di giovani nati con il computer e cellulare in mano, questo gioco ancorato nella storia culturale rischia di diventare una fonte di frustazione ....

Per chi non è ancora vittima della tecnologia: Buona Pasqua !!!!

Per gli altri: si potrebbe inventare delle uova con un sistema opto-elettronico di geo-localizzazione vocal-luminoso per il ritrovamento, insomma un sistema "egg-gps" :=)

10/04/11

I primi passi con il touch


Da poco mi sono comprato un nuovo telefono. Dopo che il vecchio ha fatto buon lavoro per “soli “ due anni (il che mi ha stupito visto che era un Nokia, ma iniziavano a saltare i tasti e senza si fa fatica a scrivere gli SMS), la scelta è caduto su un touch.
Come potevo anche non farlo. Pure il sito prende riferimento a questo mondo del tutto “touchato” ("taciato"), un mondo reso possibile senza riscontro per le dita. E così, in questi giorni inizio a prendere confidenza. Deve poter telefonare, di principio, e poter inviare i SMS, cioè cose che il vecchio facevo egregiamente. Ma cautamente, mi sono detto, non parto come al solito in “quarta” senza degnare al manuale d’istruzione uno sguardo. Pensavo fosse invece intelligente, in modo da poter sfruttare tutte quelle applicazioni finora sconosciuti a me.

La lettura ha rilevato che era piuttosto necessario proprio per poter fare le cose più semplici. E’ come salire su una nuova auto, e, ma guarda un po’, il comando della freccia non è più al suo posto, forse non è nemmeno più un esile elementi, ma un “semplice” comando vocale: “girare a sinistra”. Interessante, senz’altro, e le potenzialità ci sono. Peccato, che queste nuove tecnologie perdono molto della loro intuizione da parte dell'utente, persino tutto il bagaglio d’esperienza accumulata con l’uso del cellulare “primitivo”. E con le bestemmie, l’auto non mette la freccia.
Ho chiamato il centro che mi da info sul saldo di traffico disponibile. Dopo la (inevitabile) pubblicità, la voce diceva: “per conoscere il tuo credito. prema 1”. Niente di più semplice. Tolgo il telefono dall’orecchio … ma non c’è nessun 1 sul touch. Quindi?


Per ogni cosa che fai devi guardare. Ogni tasto, deve essere premuto con grande precisione, ma c’è la fai solo guardando. Prima? Tenendolo nascosto sotto una coperta, si poteva inviare romanzi interi. E con milioni di applicazioni, il telefono è diventato un centro di intrattenimento, collegato al mondo ovunque. Persino la fotocamera fa diretta concorrenza a quelle macchine digitali con tanto di megapixel da far paura.
Ti perdi. Su uno scherma che è grande come il palmo della mano, c’è una profondità di informazioni, collegamenti, suoni e filmati inaspettata. E se ti sei perso camminando, metti l’indirizzo e il cellulare diventa GPS. Ma se mi sono perso nel telefono, chi mi tira fuori?


La sensazione, per la verità, di usare questa interfaccia non è tra le più rassicuranti. Ho la sensazione di perdere il contatto con quello che sto facendo, come battere su un tavolo dove sono segnati i tasti, o suonare pianoforte sul tavolo senza poter premere con la necessaria forza. Il feedback sonora di un beep elettronico non è la stessa cosa del feedback fisico del tasto premuto.

03/04/11

Un sito internet del 2027: Sarif Industries e il futuro nel computer

di Valeria Cossu, valeria@gi-graphics.it


Questa mattina avevo voglia di fare qualche acquisto. Il tempo fuori non era dei migliori per una giornata di camminate e negozi. Quindi ho pensato di fare un po' di compere on-line.
Certo che in giro ci sono sempre le stesse cose... Perché i siti e-commerce sono sempre pieni di questi banner assurdi: “diventa ricco investendo solo 10 euro”, “diventa famoso con 5 semplici mosse”, “dimagrisci 10 kg in 2 giorni”... Quante cavolate... Ma c'è qualcosa che attira la mia attenzione “Evolvi te stesso... Verso un nuovo futuro...”. Che strano, beh cliccare non mi costa nulla (spero)... Ed ecco che all'improvviso mi ritrovo 20 anni nel futuro, per l'esattezza sono nel 2027. Questo sito è così ben realizzato e progettato che per un momento mi dimentico di essere nel 2011. Comincio a navigarlo con più attenzione. Qui non si tratta più di diete miracolose o guadagni facili, qui si tratta di evoluzione, evoluzione dell'essere umano. L'azienda, la Sarif Industries, si propone di dare una nuova vita all'uomo dotandolo di protesi cibernetiche. Persone con menomazioni o che hanno avuto gravi incidenti con questo tipo di tecnologia potrebbero tornare a vivere una vita normale. Quasi non riesco a credere ai miei occhi. Devo saperne di più. Protesi retiniche, innesto di braccia cibernetiche, armatura dermica, innesto di gambe cibernetiche? Ogni prodotto ha la sua descrizione e i suoi vantaggi. Voglio saperne ancora di più. Comincio a leggere la storia, di come un industria che fabbricava automobili si sia trasformata in una fabbrica per pezzi di ricambio per l'uomo... Leggo la loro mission... leggo le loro ideologie sull'etica... addirittura ci sono dati sugli investitori e comunicati stampa... e per di più cercano personale...
E' strano perché comincio seriamente a pensare di poter acquistare anche io qualcosa. Forse un paio di gambe nuove. Dicono che sono super veloci e resistono ai traumi... comodo per chi soffre di caviglie deboli come me! Ok ho deciso le compro... Dov'è il carrello? No no aspetta... Ma cosa faccio? non sono nel 2027... non esiste nessuna Sarif Industries, se non nel gioco di Deus Ex – Human Revolution. Sono nel 2011 e questo è semplicemente un ottimo sito di Viral Marketing.

Per un commento, vedi:

30/03/11

Inclusive design nel senso che sa fare tutto: le chiavi intelligenti.


Ci sono dei post che uno ha difficoltà di collocare: innovazione tecnologica o inclusive design? i due sono, visto da punto di vista "human oriented", parenti. In questo post qualche riflessione sulla tecnologia NFC (Near Field Comunication) che entra "pesantemente" nella gestione di pagamenti e più in generico, nella comunicazione bidirezionale tra oggetto e uomo.
La chiusura a distanza o il telecomando sono oggetti che fanno parte di ogni automobile da almeno dieci anni. Tanto che anche i ladri si sono “aggiornati” con apparecchiature elettronici per interrompere l’eventuale comando lasciando così l’auto aperto: pronto per essere svaligiato nel momento in cui il proprietario si allontana. Sfruttando una unica lunghezza d’onda, il fenomeno si è molto diffuso sull’penisola.

Questa premessa sconcertante per sottolineare un difetto delle tecnologie ad “onde”: mentre l’interazione meccanica/fisica implica anche un (inconscio) controllo dello stato della “macchina” (per esempio la chiusura con le chiave, oppure la pressione della maniglia della porta), i sistemi elettronici alleggeriscono questa interazione fino ad eliminarla del tutto, anche se fanno decadere per certi versi il controllo.
Il nuovo sistema che propone la Volkswagen sulla Passat è uno di questi: il sistema Easy Open permette alla persone di avvicinarsi alla parte posteriore della macchina e sensori rilevano la presenza della chiave nella tasca. Senza dover tirarla fuori, la macchina apre il porta baule. Per una persona con le mani impegnate un bel aiuto.

Continua a leggere qui:


http://www.virtualtouchdesign.com/index.php?option=com_content&view=article&id=227:inclusive-design-nel-senso-che-sa-fare-tutto-le-chiavi-intelligenti&catid=71:inclusive-design&Itemid=80

27/03/11

Shopping automatizzato: come abitudini cambiano la cultura


Il mondo si automatizza. Non si intende l’automazione della produzione in massa, la catena di montaggio per intendersi. Ma l’automazione di una delle attività quotidiane più comuni: l’acquisto del alimento.
Ci sono tantissime situazioni in cui un distributore automatico, nata come “macchina del caffè” ha conquistato aree e applicazioni del tutto diverso dal suo impegno originale: dal servizio per il break d’ufficio alla vera sostituzione di una mensa con un ricco assortimento di snack e panini preconfezionati. E dal luogo privato del posto di lavoro si è trasferito al luogo pubblico: le stazioni si sono popolate di macchinette per far fronte alle esigenze del viaggiatore notturno o quello che non ha tempo fermarsi in coda al bar.

In molte città si sono diffuse macchine self service per il latte crudo, accorciando così notevolmente la catena di distribuzione facendo “guadagnare” di più quelli che sono direttamente coinvolti: l’agricoltore ha un ricavo più alto (nonostante che deve gestire la macchina) e il consumatore beneficia di un prezzo minore. Questa tipologia si è già ampiamente arricchita nella sua offerta con yoghurt, formaggi freschi e mozzarelle, e uova creando delle vere proprie “isole del prodotto fresco” in mezzo ad un parcheggio. Siamo in attesa del repertorio del mercato ortofrutticolo ….
Per continuare la lettura:
http://www.virtualtouchdesign.com/index.php?option=com_content&view=category&layout=blog&id=71&Itemid=80

23/03/11

La conoscenza batte la tecnologia

Terremoto Yokohama / Tokyo 1923

Il tema del rischio tecnologico si ferma davanti a due avvenimenti: i primi sono i disastri bellici in quanto hanno un volontà distruttiva, al contrario di quanto non lo avesse un impianto in avaria. I secondi sono le calamità naturali, come il terremoto e lo tsunami.
Ma già in questo secondo caso, la tecnologia ha fatto ingresso, dopo che per secoli e millenni la predizioni di calamità era affidato all’astrologia e veggenti. Con una statistica alla mano e rilevamenti straordinari si tenta di predire in tempi quanto più ampi un evento straordinario. Oltre alla difficoltà tecnica, c’è poi anche un altro problema più sociale: e se la predizione fallisse? Il sistema tecnologico elabora un errore e mette in panico tutti inutilmente? La storia del “al lupo, al lupo”  quanto più attuale di quanto non si pensi.
E pure sarebbe da chiedersi a volte quanto la conoscenza geologica, meteorologica, biochimica e fisica del nostro pianetta e della nostra vita non sia già sufficientemente matura per poter calcolare seri rischi per la salute delle persone.
Il primo settembre 1923 un terribile terremoto di 8.3 sulla Scala Richter ha colpito le città di Yokohama e soli 40 secondi più tardi Tokyo. Scrive Bill McGuire: “Entro alcuni secondi migliaia di edifici, molti fatti delle tradizionali mura di legno e di tetti di tegole pesanti, crollarono in mucchi di macerie, uccidendo coloro che si trovavano all’interno. Il terribile frastuono dei massi in frantumazione e degli edifici che credevano si ridusse a un crepitio, più sordo ma ugualmente terrificante, di fiamme, quando gli incendi, causati dalle migliaia di stufe rovesciate, cominciarono a divorare il legno delle case. Alimentati da un forte vento, milioni di piccoli incendi presto formarono un’indomabile barriera di fuoco che penetrava attraverso le rovine. Uomini, donne e bambini sotto shock cercarono scampo in spazi aperti, ma invano. Le tempeste di fiamme li bruciavano vivi. In un area desolata, 40.000 individui finirono vittime del grande incendio, così pressati l’uno all’altro che i corpi carbonizzati vennero ritrovati ancora in piedi …  Il numero reale delle vittime non fu mai accertato, ma si stima che almeno 200.000 persone abbiano perse la vita… “
Terremoto Yokohama / Tokyo 1923
Questo racconto e resoconto non si discosta tanto da quello che è lo scenario di questi giorni nella stessa Giappone, a quasi 90 anni di distanza. Nonostante tutto, quando negli anni 90 il Giappone aveva preso coraggio e iniziato a costruire edifici alti con tutti i sistemi antisismici a disposizione, ha fatto scuola in tutto il mondo con la sua tecnologia, affidabile al punto da resistere ad un terremoto ancora più forte di quello del ’23: Scala Richter 9.0. Gli incendi erano pochissimi, i sistemi di interruzione di elettricità e altri shut down hanno avuto il loro effetto virtuoso.
Nel libro “Breve storia del Futuro”, Newth fa cenno al fatto che non c’è niente di più ridicolo che leggere una profezia sul futuro, quando ci si è passato in là nel tempo. In effetti, un piccolo assaggio di questo si ha ogni volta quando si vedono film come “Il ritorno nel futuro II”: di macchine volanti oggi non c’è traccia, per fortuna. Continua a scrivere McGuire nel suo libro “Guida alla fine del mondo – Tutto quello che non avreste mai voluto sapere”, del 2002:
“Nei primi anni del nuovo millennio le città gemelle di Tokyo e Yokohama si aspettano ancora un tragico colpo del destino; ma questa volta sarà molto, molto peggio – sia per il Giappone sia per il resto del mondo. Ora il potere industriale e commerciale di questa area rappresenta uno dei maggiori centri del mercato mondiale, con diramazioni che giungono agli angoli più sperduti della Terra, e che fanno funzionare una immensa macchina economica globale, da cui, oggi, dipende la ricchezza di tutte le nazioni del mondo. … Il territorio dei Tokyo e Yokohama, dal punto di vista geologico, è complesso, poiché tre delle maggiori zolle tettoniche della Terra convergono qui. Le tensioni enormi, che si associano ai movimenti relativi di queste zolle, sono periodicamente scaricate da improvvisi spostamenti lungo le faglie locali, che a loro volta portano a terremoti distruttivi, dove, a detta dei sismologhi, tali terremoti sarebbero in ritardi, o perlomeno in procinto di scatenarsi. …”
Quindi? Pur sapendo non si fa nulla? La storia si ripete. E ad aiutare che questa calamità diventasse un vero proprio disastro umano in parte ha aiutato anche la stessa tecnologia. Certamente, lo tsunami non può domare nessuno, ma costruire più di 55 reattori nucleari in una zona di così alto rischio sismico assomiglia ad un suicidio. Non è stato un incendio divampante tra le rovine delle casette a generare l’alto numero delle vittime e dispersi, ma l’acqua del mare infuriato come in un quadro di Hokusai. E poi, con un silenzio terrificante, la radioattività dei reattori di Fukushima.

La memoria ha gambe corte e non va lontano: moratoria ai progetti nucleari


Esce la notizia su Reuters, che “il Consiglio dei ministri ha approvato oggi la moratoria di un anno ai progetti per la costruzione delle nuove centrali nucleari in Italia, in conseguenza della crisi giapponese. Tramite un decreto legge vengono quindi sospese per un periodo di 12 mesi le procedure riguardanti la localizzazione e la realizzazione di centrali e impianti nucleari sul territorio italiano, mentre restano confermati il deposito per gli stoccaggi e l'Agenzia per la sicurezza del nucleare.”
Un blocco strategico di un anno per intraprendere nuove strade: “Adesso bisogna guardare avanti, per far sì che il nostro Paese, al di là dell'atomo, sia all'avanguardia nell'adozione delle nuove tecnologie energetiche, necessarie per ottenere un mix energetico più equilibrato e meno dipendente dalle fonti fossili. Penso per esempio alle fonti rinnovabili, che stiamo rendendo sostenibili economicamente per il sistema Paese, così da assicurare prospettive di pianificazione di lungo periodo alla filiera produttiva", conclude Romani nella nota.
O per far dimenticare l’accaduto. Tanto la memoria ha gambe corte e non va lontano.
Guardando la pagina Wikipedia sull’energia nucleare nel mondo, si vede molto bene quello che gli esperti dicono da tempo: 247 dei 427 impianti al mondo hanno 25 o più anni  e costituiscono il 58%, mentre 349 hanno 20 anni o più e quindi sono il 82% di tutti gli impianti. Si può dire, con una certa logica, che riceviamo la nostra energia da caldaie che hanno più di vent’anni. Vecchi e perdenti, in tutti i sensi. Con un piccolo, ma tragico problema che le stufe nelle case non hanno: non si possono smantellare perché costerebbe una follia.