Chi viaggio nel treno certamente non si deve meravigliare di incontrare gente, soprattutto gente di ogni tipo e provenienza. Tuttavia, dopo aver preso in soli 2 giorni 7 treni di categorie diverse, qualche considerazioni interessante sul panorama “dei viaggiatore” e il viaggio in genere si può pure fare.
Il tragitto parte venerdì mattina alle 4.49, per prendere poi la coincidenza a Bologna. Arrivato in stazione, c’è la notizie che per causa di “accertamento giudiziario seguito un investimento”, il treno ha un ritardo indefinito, almeno 75 minuti. A quel ora una questione dura, il ricordo del letto ancora nelle ossa … Mi ricordo scene simili in un treno bloccato, con commenti come “ma non si poteva buttare davanti da qualche altra parte!” Ma forse, Signora, la questione non sarebbe piuttosto: Poverino, poteva proprio evitare e cercare di vivere, o no? Quando arriva treno, la carrozza 6 con il mio posto prenotato non c’è. Forse l’hanno sequestrato? Si sale su quello successivo, si prende un posto qualsiasi e si spera che non arriva qualcuno a pretenderlo. Importante aver pagata la prenotazione, poi per averla … la settimana precedente semplicemente il posto era già occupato da un'altra persona con identica prenotazione! L’arrivo è tardi, dopo un’attraversata dell’Italia del Nord.
Il ritorno, per regalo e per necessità, in Eurostar. Di lusso, e vista la stagione, senza la climatizzazione a meno 20°C, come in estate che ti frizza all’istante come il pilota dell’elicottero in “The Day after Tomorrow” (L’alba del giorno dopo). Ma il treno è strapieno, il gruppetto a 4 con 4 portatili sul tavolino riempie lo spazio a tal punto da rendere un viaggio costosissimo un’esperienza da sardina. Peccato poi, che per un guasto ad un altro treno ad alta velocità, tra Milano e Bologna il treno passa per i binari vecchi perdendo 45 minuti. Ma tra Milano e Bologna, non ci si metteva solo un ora? Tuttavia, con tutta la gente un viaggio isolato, tutti dietro le loro Sole24ore, portatili o chattando (i più giovani) con i cellulari.
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Treni in India |
Il lunedì dopo, stessa levataccia. Mi ero dimenticato di tornare in orario dei sportelli in stazione per prendere il biglietto, poi le macchinette (ben due) fuori servizio. Internet fa quello che l’automatizzazione non riesce: biglietto online. Si ripete una scena già vista tante, ma tante volte. Sali sul treno, ti metti in un angolo e chiudi gli occhi, insieme a tanti altri. Dopo un ora e mezza, la gente con cui sei partito si sveglia insieme a te, ma, meraviglia, c’è sempre qualche donzella che tira fuori dalla borsa un arsenale di trucchi e inizia, o allo specchio a mano o (peggio) nel riflesso della finestra a “colorarsi”. Si può proprio dire così, in quanto l’effetto del “prima” e del “dopo” è clamoroso. E quanti brufoli spariscono sotto uno spesso strato di “non so che cosa” (gesso colorato, smalto opaco ?) … Ma, vi consiglio non stare troppo vicino: con il pensiero di un caldo cappuccino e cornetto appena sfornato del bar che dico io, l’odore di quella “roba” è una prova dura di pazienza e autocontrollo.
Il ritorno invece nel pomeriggio (si vede che oltre le categorie, è anche importante la fascia oraria per l’esperienza multisensoriale), si prefigura multietnico: regionale. Dato che non sono nemmeno io italiano, probabilmente solo il macchinista e il controllore erano italiani. Profumi di ogni genere in un vagone di area consumata (preriscaldata da una delle prime giornate con sole), dal cibo al tabacco per il naso, al profumo acido del sudore c’è ogni meraviglia per i recettori del epitelio olfattivo. Ciliegina sulla torta: discorsi alto tonanti in lingue sconosciute insieme a musica folcloristico ucraina (?). Da non dimenticare il povero bebè nelle braccia delle mamma indiana, che tra i movimenti feroci emette qualche disperato grido (ma è un cocktail?).
Leggere? Avrei dovuto e voluto. Ma tra stanchezza e una lettura trasversale ambientale, di tipo “prossemica” à là E.T. Hall, avevo già la testa pesante.